Il quadro aziendale
Il Capo leader: spesso si distingue la figura di capo da quella di leader, tuttavia le due figure hanno elementi di contiguità e spesso coincidono.
Per sua natura, la struttura e l’organizzazione di un’azienda non è democratica ma funziona perlopiù in modo verticistico e gerarchico, soprattutto se parliamo di imprese che operano nel settore manifatturiero.
Il nostro paese è la seconda manifattura d’Europa dopo la Germania, e uno dei paesi più industrializzati al mondo, dunque le realtà organizzative aziendali rappresentano un elemento molto importante di riflessione quando si parla di occupazione e lavoro. Più partecipative e orizzontali sono invece le organizzazioni nel settore dei servizi e delle attività commerciali.
Fatta questa doverosa premessa, vi sono tuttavia numerose sfumature nella gestione degli organigrammi che segnano una notevole differenza tra le aziende. Proprio in queste organizzazioni, quasi sempre gerarchiche, si inserisce la figura del capo e l’analisi dei suoi comportamenti.
Un leader può anche essere un capo?
Certamente sì. Spesso si tende a distinguere la figura di capo da quella di leader, piuttosto si dovrebbe descrivere il comportamento di un capo che, oltre a svolgere un ruolo direttivo e di controllo, sia anche un leader. Autorità, autorevolezza ed empatia sono modalità che possono coesistere. Non necessariamente, infatti, chi usa la sua posizione gerarchica per esercitare un potere direttivo è da percepire in modo negativo.
Saper convivere adeguatamente con questa ambiguità può essere un elemento di sviluppo e dare spunto a energie positive. Per ambiguità si intende la capacità di mescolare competizione a collaborazione, motivazione a premialità, controllo e delega.
Come si comporta un leader?
Gli obiettivi e il lavoro del leader si fondano su:
- crescita e impatto che la propria realtà imprenditoriale ha sugli altri;
- lavoro di squadra e team building;
- valorizzazione della cultura e della storia aziendale;
- coinvolgimento delle persone nella “comunità” aziendale, facendole sentire come parte integrante e proattiva;
- il leader è un motivatore in grado di valorizzare i dipendenti con il proprio lavoro riconoscendo gli sforzi fatti e trovando il tempo per parlare con le persone;
- Il leader delega ai propri collaboratori pratiche importanti perché si fida favorendo un clima di collaborazione e scambio reciproco e si assume la responsabilità del lavoro degli altri e dei loro fallimenti.
- Usa, infine, atteggiamenti empatici per comunicare.
A ben vedere i tratti sopra descritti sono comportamenti comuni anche ad un capo. A questi si aggiungono atteggiamenti percepiti come negativi. Alcuni di essi in realtà sono più semplicemente comportamenti sbagliati; altri invece sono semplicemente ruoli scomodi ma spesso necessari. Vediamoli di seguito:
- l’obiettivo ultimo è il profitto;
- per il capo è importante focalizzarsi sulle azioni specifiche da compiere;
- il capo motiva i suoi dipendenti facendo trapelare la minaccia di sanzioni;
- il centro del lavoro del capo è supervisionare;
- l’autorità del capo discende dalla posizione che riveste all’interno dell’azienda;
- il capo tende a dare responsabilità del lavoro ai suoi subordinati;
- il capo comunica in modo poco empatico.
E’ certo, che l’essenza stessa dell’attività imprenditoriale sia quella di ottenere profitto. Si tratta di un parametro economico indiscutibile ed è quindi l’obiettivo ultimo anche per il leader. Focalizzarsi sulle azioni da compiere non è un difetto ma una modalità molto efficace per raggiungere risultati. I dipendenti poi, o sono motivati o sono sottomessi, non esistono motivazioni portate avanti con le minacce. Se è questa la modalità con cui si impone ai collaboratori di svolgere le mansioni, beh siamo in presenza di un difetto nella catena di comando. Così come è un vizio e non una caratteristica del capo, scaricare le responsabilità di un errore sul personale sottoposto anche perché, proprio come elencato sopra, al capo spetta la supervisione del lavoro dei collaboratori è si tratta di una funzione necessaria. Infine, inquadrare l’autorità esercitata da un capo sulla base dalla posizione che riveste non è un difetto ma un dato di fatto. Certo che dalla posizione origina l’autorità, ma non è detto che essa sia disgiunta da: autorevolezza, empatia e capacità di valorizzare le risorse umane motivandole in modo efficace.
Cosa vuol dire fare il capo
In conclusione, fare il capo è un esercizio piuttosto difficile e complesso, carico di responsabilità e doveri. E’ una posizione che si incunea tra la gestione delle persone e la responsabilità di raggiungere un risultato rispondendone direttamente. E’ un ruolo che si apprende e per il quale è possibile sviluppare le sensibilità giustae per esercitarlo proprio come un leader svolgendo in modo equilibrato un mix di compiti, talvolta gratificanti, talvolta piuttosto scomodi ma necessari. Molto utili in tal senso sono le attività volte a costruire squadre di lavoro attraverso la valorizzazione e la motivazione delle risorse umane, il così detto team building. Sono buone pratiche attraverso le quali si manifestano e si esercitano le qualità dei leader.