Precariato cosa significa
Lavoro precario, innanzitutto chiariamo il significato di questo termine. Precario, secondo il vocabolario Treccani, significa incerto, non sicuro; che è soggetto a subire, da un momento all’altro, un cambiamento, un peggioramento. Riferito al mondo del lavoro si dice di chi ha un rapporto di lavoro temporaneo senza garanzie di stabilità o continuità, legato a un contratto a termine. E’ un’incertezza che si protrae, involontariamente, per molto tempo ed è caratterizzata da mancanza di continuità del rapporto di lavoro senza certezze sul futuro.
Quanti sono i precari in Italia
In Italia il precariato è un male costante e purtroppo molto consistente. Secondo dati ISTAT, i precari sono risultati circa 3 milioni (3.138.000) a giugno 2022. A maggio 2022, in base ai dati INPS, sono stati assunti con un contratto di lavoro a tempo determinato o precario 654.209 lavoratori.
2022 il fenomeno si allenta
Nel fervore della ripresa economica, che nonostante tutto segna una crescita di Pil e occupazione anche in questi mesi, si è registrata una flessione del fenomeno. A maggio 2022, rispetto allo scorso anno sono aumentate le assunzioni: i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti del 37% rispetto ai primi cinque mesi del 2021. Le assunzioni, in qualsiasi forma contrattuale, anche a tempo indeterminato, sono state oltre 3 milioni, in forte crescita rispetto a quelle dello stesso periodo dell’anno precedente pari solo a 2 milioni. Le trasformazioni da tempo determinato, nei primi 5 mesi del 2022, sono state 305.914, in aumento rispetto allo stesso periodo del 2021 (+71%). Il numero dei precari sta quindi diminuendo, anche se in modo graduale. L’incremento ha interessato comunque tutte le tipologie contrattuali:
- +62% assunzioni intermittenti;
- +60% stagionali;
- +40% contratti a tempo indeterminato;
- +33% contratti a tempo determinato;
- +35% assunzioni in apprendistato;
- +21% contratti di somministrazione.
Se ne parla ormai da 20 anni
Nonostante questo barlume di ottimismo, di lavoro precario si parla ormai da vent’ anni ed è una condizione che affligge soprattutto il mondo dei giovani ben lungi dall’essere risolta. Quasi nessun giovane si aspetta, oggi, di poter accedere al mondo del lavoro con in mano già, alla prima esperienza, un contratto stabile. Dietro al concetto di flessibilità, che nulla a che vedere con il precariato, il contratto a termine resta la finestra più diffusa per l’accesso al lavoro. Purtroppo uno sguardo alle offerte di lavoro mostra subito un utilizzo eccessivo di questi contratti o, peggio, degli stage sottopagati o totalmente non retribuiti che spesso si traducono in licenziamenti a norma di legge.
Meglio è il contratto di apprendistato che definisce norme e retribuzioni dignitose. Dà prospettive, e tutele, alle quali tanti, sono purtroppo ormai inclini a rinunciare pur di avere un lavoro.
Un circolo vizioso
Lavoratrici e lavoratori precari, insomma, sono ancora troppi e le conseguenze sono rilevanti dal punto di vista economico e sociale. Infatti, il precariato non interessa più solo i giovani, ma è una condizione che tocca tutti trasversalmente, soprattutto le fasce più deboli e fragili della società. Lo spettro della disoccupazione, la ricerca di un altro impiego, l’incertezza che non è buon viatico per un serio impegno professionale: è deleteria e nuoce oltre al lavoratore anche all’azienda. Purtroppo è una condizione da cui è difficile venire fuori soprattutto per giovani poco specializzati, lavoratori over 40 che hanno perso l’impiego, donne che hanno lasciato il lavoro a causa dell’inconciliabilità del lavoro con la maternità. Tutti si arrabattano lavorando sei mesi, magari un anno e poi chiedono la Naspi, il Dis-Coll, il reddito di cittadinanza, qualche forma di sostegno al reddito. E sono proprio loro a non avere accesso a una formazione seria che spesso risulta troppo costosa.
Le politiche attive e una nuova coscienza del lavoro
Grandi assenti le politiche attive del lavoro e un buon coordinamento scuola – imprese. Un nuovo impulso in questo senso sta prendendo piede ma non basta senza creare la consapevolezza tra le aziende che risparmiare oggi, per formare nuove leve, significa rinunciare domani a professionalità esperte fondamentali per garantire il funzionamento e il progresso dell’industria manifatturiera condannando al declino la nostra società.
Ti trovi in questa condizione? vuoi un consiglio oppure vuoi proporti per una candidatura? Chiamaci siamo a tua disposizione per fornirti tutto il supporto necessario!